Quante volte ho pianto veleno

La storia che vi racconterò vuole mostrarvi quante volte nella vita, a causa di sensi di inferiorità tra i più diversi e tutti radicati nella nostra primissima infanzia, abbiamo pianto veleno.
Ad ognuno di noi, da bambino, sarà capitato di sentirsi ferito profondamente, di aver avuto la voglia di scappare da casa e di andare a dormire in un luogo qualsiasi, magari sotto un ponte, e mangiare ciò che il caso offriva, come dei cani randagi. Ma poi... Ma poi scattava sempre la paura di perdere l'affetto di nostra madre e, nonostante le lacrime, la rabbia e il tentativo di non sentirci piccoli e maltrattati, desistevamo dal nostro proposito e tornavamo ad essere come pulcini spauriti in cerca della chioccia.
Sentivamo una forte aggressività, che prontamente reprimevamo con l'insoddisfazione di essere figli di genitori che pensavamo molto cattivi. Ci chiedevamo perché ci avessero dato la vita se poi ci trattavano così male. Forse è una fortuna che, a quell'età, tutte le sofferenze vengano accantonate nell'inconscio, consentendoci di continuare a crescere e a vivere l'infanzia anche se poi, una volta adulti, spesso accade che proprio queste sofferenze agiscano come un cancro rovinoso nella nostra vita.
Come spesso succede, tutto ha origine nella repressione della libertà sia a livello emotivo che sessuale. Non voglio con questa affermazione incolpare nessuna madre e nessun padre, ma solo prendere atto di un problema che esiste in gran parte di noi. L'importante è avere coscienza e fare del nostro meglio per non condizionare, più di quanto sia strettamente necessario i nostri figli, come magari lo siamo stati noi da bambini: sarebbe passare il testimone nella staffetta di una vita sprecata.
Quante volte da bambino ho pianto veleno!
Ormai ero solo deserto. Non c'erano più lacrime, la sorgente si era seccata ed era stata privata delle emozioni della vita. Già a quei tempi le mie emozioni si erano trasformate in un'arida steppa di tensioni e repressioni e avevano perso il loro fascino e il loro calore. Ho sempre detestato la mia infanzia e più la detestavo più mi sentivo illusoriamente grande. Ho vissuto momenti molto brutti, ero nato già vecchio e mi riempivo sempre più di aggressività avendo contemporaneamente molta paura ad esprimerla perché, se lo avessi fatto avrei perso l'amore di mia madre e mi sarei sentito debole, abbandonato.
Spesso ho tradito me stesso al solo fine di essere accettato da mia madre e dagli altri. Spesso, nella mia parte più profonda, ho desiderato di correre a giocare nei prati come fossi una farfalla per poter assaporare il profumo dei fiori e nutrirmi con il loro delicato polline, ma non ci riuscivo. Spesso ho pianto e desiderato le carezze di mia madre che mi erano rifiutate; molte volte l'ho persino odiata per i suoi rifiuti. Ricordo che mi capitava di desiderare di essere ammalato per avere qualche coccola e al mattino godere delle sue carezze e sentirmi dire: "Come stai, figlio mio? Hai sete? Vuoi qualcosa da mangiare? Copriti bene altrimenti prendi freddo. Mi raccomando "stai buono" e vedrai che tra poco starai meglio bambino...
Immaginavo, in tali momenti, che mia madre mi donasse il cuore e per me era il massimo della felicità. Il fatto di essere piccolo, di dover stare buono e dover accettare qualsiasi cosa da lei, mi portava ad impormi di essere grande dimostrando forza e decisione, facendo finta di non soffrire mai, uccidendo però in questo modo e sempre di più i tipici momenti infantili pieni di gioia e di stupore.
Ho sempre rifiutato la mia infanzia per lottare contro la mia inferiorità sentendo un grande distacco tra la dolcezza e la forza che volevo esprimere e l'indifferenza che mi pareva avessero i grandi. Per questo ho sempre desiderato di essere grande, per non soffrire più. Questo è stato il più grande massacro della mia vita; ero come un pozzo di marmo, duro, freddo. Non sapevo ridere. Ora, provo terrore al solo pensiero!
Vedevo tutto più grande di me e della mia dimensione, mi ero trasformato in un bambino estremamente razionale per affogare nella mente ciò che di vivo a livello emotivo, c'era ancora nel mio intimo. Non dovevo mai sentirmi un vinto, dovevo essere sempre il primo, altrimenti sarei ritornato bambino, cosa che in quei momenti detestavo e rifuggivo.
Ero diventato un megalomane.
Tutte le mie emozioni si erano rifugiate nei sepolcri dell'inconscio e non c'era più il profumo della gioia che vive. Tutto era sotto il controllo della mente, tutto era finalizzato alla ricerca di giustificazioni e ragioni per dare un valore al mio comportamento che doveva essere quello di un adulto. Ma adulto non ero, ero solo tutt'occhi e orecchie e non volevo soffrire. Da grandi desideriamo spesso abbandonarci alla dolcezza e alla tenerezza che da piccoli non abbiamo vissuto; e viviamo l'amore senza conoscere il fascino della spontaneità. Spesso è solo il compiacimento per avere soddisfatto un desiderio di pura possessività: la possessività, frutto di repressione affettiva e sessuale che si intrecciano, dà luogo a un meccanismo complesso, che Freud ha compreso classificandolo "complesso di Edipo".
Il vero amore crea innumerevoli emozioni, attrazioni ed eccitazioni che conducono alla salda fusione di due persone. Quanti amori ho vissuto io! E tutti dopo poco, per un motivo o per un altro, andavano a rotoloni. Mi chiedevo perché succedesse sempre così e perché fossero sempre le mie amanti a governare il fine della storia che ormai era diventata sempre uguale nel suo svolgersi. Come un copione ripetuto.
Sempre, fin dal primo incontro, nasceva una forte attrazione sia sentimentale che sessuale che faceva sì che fin dai primi sguardi sentissimo la voglia di far l'amore, che non passasse il secondo incontro senza averlo fatto con entusiasmo e piacere, che sembrassimo due gocce d'acqua unite da Dio. Poi, inesorabilmente, io venivo rifiutato dopo solo pochi incontri. Cominciai allora a pormi una domanda: perché si verifica sempre questa storia? Ma sono veramente loro a condurla o c'è qualcosa in me che la fa scattare? È molto strano che siano tutte uguali, che nessuna sbagli il colpo! Ma cosa c'è in me che le porta ad abbandonarmi?
E da questi primi interrogativi altri ne sorsero a non finire. Cominciai a chiedermi cosa stessi facendo per evitare l'inesorabile morte di tutti i miei amori. Fino ad allora niente, forse perché non ne avevo avuto il motivo. A quel punto mi sembrò che fosse giunto il momento di fare qualcosa. Contattai il mio terapeuta e gli parlai del mio caso. Da quel momento nacque la mia nuova storia. Dopo anamnesi e test di vario tipo iniziò la terapia, la graduale presa di coscienza del mio comportamento e un duro lavoro per la liberazione delle energie represse e imbavagliate.
Dette così le cose, sembrerebbe facile affrontare e risolvere questi problemi, ma non è vero. Bisogna tenere presenti gli anni passati da quando questi blocchi emotivi si sono formati e si sono incatenati solidamente nei meandri dell'inconscio.
Così, dopo una serie di incontri con il mio psicanalista apparve luccicante al sole come acqua nel deserto il cosiddetto complesso di Edipo. La sua esistenza era stata per me tanto impossibile, quanto nella realtà era invece attiva e determinante. A mia insaputa faceva il bello e cattivo tempo e davanti ad ogni ragazza che frequentavo piazzava sempre il sentimento che mi legava a mia madre: ogni volta, lo pensavo che fosse amore! Questo meccanismo agiva al mio interno in maniera molto subdola e nascosta! Sfruttava tutto l'amore che io credevo di vivere per soddisfare le mie repressioni e per far soccombere l'aggressività che incameravo ogni giorno, sempre di più a causa della sete impellente che, a livello fantastico, nutrivo per mia madre.
Fin da piccolo, pure in modo innocente, ho detestato mia madre e tutt'ora, a livello totalmente inconscio, proiettando questo sentimento nei miei rapporti affettivi adulti, le porto ancora rancore perché la sua figura persistente nella mia fantasia ha sempre distrutto l'attrazione che, fin dal primo incontro, provavo per ogni donna.
Sempre in modo totalmente inconscio e quindi fuori del mio controllo, temevo di ritrovare in loro mia madre e diventavo così indifferente alle sottili sensazioni dell'amore. Mi interessavano sì ma, in fondo in fondo, non tanto. Lasciavo andare le cose del tutto a caso senza preoccuparmi delle conseguenze: inizialmente tutto era roseo, donavo affetto, e rinasceva, al di là della mia coscienza, l'odio che durante l'infanzia avevo provato per mia madre causato dalle sofferenze che per causa sua avevo subito.
Quante volte inconsciamente devo averla maledetta! Tutto mi faceva paura. "Ma perché mi hai castrato così? Cosa hai dato alla mia vita? Quante volte mi hai fatto impazzire dal dolore e, se non stavo buono, mi avresti riempito di botte e tenuto come un cane in castigo? È capitato che mi colpissi con un rametto flessibile di quella che ricordo come "sanguanella" quasi a voler domare un puledro pieno di voglia di scalpitare libero tra i prati... Ma tu sei riuscita ad incatenarmi con le paure che mi hai trasmesso privandomi della gioia di apprezzare le piccole cose di tutti i giorni. Spesso mi lasciavi solo a piangere e se non la smettevo mi picchiavi dicendomi: "... almeno ora piangi per qualcosa...". Mamma, quanto veleno ho pianto per te! Ma come puoi dire di avermi amato?
Mamma, lo so che neppure tu da piccola hai vissuto amore e, in un certo senso, ti capisco e non ti condanno, ma condanno e detesto tutto ciò che con te, in me, è nato: la repressione verso tutto. Ora per me sei morta. Cerca di capirmi... Da piccolo volevo da te solo affetto e coccole ma, in realtà, cosa mi hai dato? So che anche tu facevi del tuo meglio, ma non hai potuto evitare che io diventassi vittima di repressioni affettive molto dure da sopportare e superare. Riesci a capire che momenti bestiali ho vissuto, tra l'odio e il senso di morte, costretto a rifiutare i momenti più belli dell'infanzia?
Riesci a capirmi? La mia infanzia l'ha vissuta solo il mio corpo mentre la mia mente veniva repressa dai comportamenti che, giorno dopo giorno seppure involontariamente, mi castravano. E ora sono io che soffro dell'incapacità di vivere l'amore e di donare tutto me stesso sempre nel timore di ritrovare te. Capisci perché ti detesto e ti odio tanto? Non riuscirei a fare altrimenti!
Mamma, perdonami e, se puoi, comprendi la necessità che ho di odiare l'immagine che il bambino che vive in me ha della tua persona. Mi è necessario per ritrovare la libertà di espressione, per poter vivere ed apprezzare le sensazioni e le emozioni dell'amore. Dopo quanto ti ho detto forse potrai capire quello che non hai mai accettato in me, il mio passare dall'una all'altra donna tanto facilmente; tutto succedeva perché non provavo e non vivevo niente di reale a causa delle inibizioni vissute fin dal primo mio respiro.
Mamma, capiscimi, desidero vivere profondamente l'amore, sono stanco di scappare, voglio viverlo nella sua totalità sia con i sensi che con le emozioni. Sono grande ora e desidero camminare da solo e maturare per essere sempre più me stesso. È solo così che potrò donarmi senza più paura di te e senza più essere condizionato dalla tua presenza quando amo una donna!
In ogni nuovo amore limitavo il mio donarmi e affogavo la spontaneità nella paura, finché nella mia partner scattava, pur con sofferenza, la voglia di lasciarmi. E io mi sentivo irresponsabile non colpevole del naufragare della relazione. Non capivo che il male vero albergava dentro di me. Difendevo questo amore con mille carezze e parole gentili frutto non di sentimento, ma della mia mente cervellotica e triste. Nei miei tentativi di trovare una valida motivazione alla impossibilità di un rapporto serio mi pareva di non essere io la causa.
Ora capisco, che era solo una scusa per non vergognarmi di me stesso.
Ad ogni perdita reagivo come un bambino sofferente che pretende di essere coccolato dalla mamma e mi pareva che in fondo, anche se la mia donna mi aveva lasciato, non avrei sofferto poi molto. E in effetti la solitudine durava sempre poco perché in breve tempo trovavo un altro cuore da colpire, così la storia si ripeteva, vittima dopo vittima, proprio con la cadenza dei battiti del cuore. Ma di un cuore ammalato e privo della gioia di vivere.
Solo ora mi rendo conto di quanti discorsi senza senso facessi, di quante stupide e false ragioni cercassi di trovare per giustificare il verificarsi ormai regolare e scontato della solita storia. Ora mi rendo conto di quanto, nelle mie catastrofi sentimentali, possa essermi imputato e mi rendo anche conto di quante altre persone vivano una situazione simile alla mia. Forse mai come ora ho capito l'importanza di un'educazione positiva e propositiva piuttosto che repressiva e condotta sulle linee dell'obbedienza alla ferrea legge del genitore e del ricatto affettivo.
Un'educazione che si fonda sul reprimere la libera individualità è solo generatrice di insicurezza e l'insicurezza fa paura. Da qui il bisogno di superarla nella continua ricerca di cose e momenti totalizzanti, di situazioni in cui ci sentiamo potenti e invincibili ricercando fuori di noi quello che non riusciamo a scoprire dentro perché troppo nascosto nel nostro inconscio. Ho cominciato a seguire la psicoterapia proprio per cercare di capire cosa ci sia nascosto, così condizionante per tutte le mie azioni, le mie scelte, i miei credo, tutta la mia vita insomma.
È come se avessi deciso finalmente di andare incontro al nemico che mi assedia per guardarlo in faccia, scoprire chi sia e poi poterlo combattere. Non posso più continuare ad ignorarlo per illudermi di essere libero e comportarmi invece come un codardo. Ora mi sento abbastanza forte per combattere e sono anche sostenuto dalla voglia di vivere una dimensione senza confini.
A volte mi prende l'ansia di arrivare ad ottenere subito dei risultati ed è difficile accettare che i tempi non possono che essere lunghi, molto lunghi, come grandi e dure sono le barriere di difesa che durante tutta la vita ho costruito per contenere ciò che ancora non conosco bene e che preme per emergere a livello cosciente, risalendo in superficie.
Mi pare di sentirmi finalmente forte, abbastanza per portare avanti questo lavoro di scoperta e spero tanto che tale forza non verrà meno nel tempo, anche se sarò costretto a stringere i denti per il dolore. Spero anche che la mia partner sappia essermi vicina, cosciente dell'importanza della lotta che sto combattendo, fino al momento in cui potremo insieme cominciare a raccogliere i primi frutti maturi nella nuova stagione che verrà. Da tre settimane è nata una nuova storia d'amore, una storia tanto straordinaria quanto semplice e sincera, come il realizzarsi di un sogno a lungo presente nei mari della mia mente. È nato un nuovo amore!
È la prima volta che nella mia vita il seme dell'amore sta mettendo le radici. Per la prima volta vivo ed apprezzo la sensazione di essere innamorato ed è una cosa fantastica, meravigliosa, che fa pulsare il mio cuore in maniera incontrollata. C'è qualcosa di nuovo e bello che mi fa sentire più sciolto e sicuro nel vivermi e nell'esprimermi. Mi sento ricco di gioia perché libero dalla necessità di controllare affannosamente il mio agire. Prima tenevo tutto sotto controllo perfino il respiro e il battito del cuore. Ora, al contrario, sento vivo il desiderio di lasciarmi andare a vivere le sensazioni e le emozioni che mi scorrono a fior di pelle e nell'anima.
Mi piace lasciarmi trasportare nel mondo fantastico pieno di gioie e colori. Sento il mio cuore diventare più libero, sorridente ed aperto nell'affrontare con decisione e serenità ogni momento, anche se duro, della vita. È nata in me la voglia di corteggiare questa ragazza per conquistarla e sentirla scorrere nel mio sangue come la linfa che dà vita al mio corpo e alla mia anima. Ogni momento con lei è stupendo anche i più semplici come il risveglio al mattino, tra un bacio e una carezza, la caffettiera che gorgoglia sul fornello e tanti giochi d'amore.
Ogni momento di più la sento diventare importante anche se so che questo incontro non rappresenta il lieto fine della storia dei miei problemi. Sto vivendo un periodo veramente eccitante, non voglio più che succeda quello che è sempre successo con le altre donne. Fino ad oggi sono indietreggiato di fronte ai troppi ostacoli, ma ora mi impegno a non fermarmi più, lungo la strada che ho iniziato a percorrere, per arrivare a raggiungere e ad entrare nella città ideale che fin da bambino ho sognato di abitare.
Quante volte ho pianto veleno prima di riuscire a comprendere l'importanza della vita, di quanto essa sia fantastica se vissuta senza repressioni e limitazioni in senso lato! Spero tanto che anche voi, un giorno, possiate raggiungere le porte della vostra grande città e in lei vi abbandoniate a vivere tutto di voi stessi nel modo più vero possibile, con la gioia di essere nati, di esistere e d'amare.
E libertà non significherà più solo, muoversi e agire liberamente, ma sarà, prima di tutto, volontà di esprimere e realizzare ciò che da sempre esiste in noi. La vita è stupenda se possiamo viverla in modo non limitante. Ciò che da tempo io sognavo, oggi è realtà: sento di vivere finalmente l'amore con il piacere di donare ogni cellula del mio corpo e ogni raggio della mia anima.
Se vi ho parlato della mia esperienza è perché spero vi stimoli a riflettere sulla vostra per capire se in essa vi siano dei momenti di sofferenza e poter fare qualcosa per porvi rimedio. Nessuno, bambino o nonno che sia dovrebbe - mai - piangere veleno!

